I nostri uliveti secolari, che facevano parte di una molto più estesa proprietà nel tempo smembratasi, insistono su due località denominate Corano e Santo Stefano, adiacenti fra loro.
Questo territorio ha una storia estremamente affascinante e carica di mistero:
Il toponimo Santo Stefano di Curano è legato ad una fondazione monastica benedettina sorta nella contrada “Corano” dell’agro di Nardò. Rientrava nel consistente numero di abbazie, forse quattordici, presenti nel distretto abbaziale di Nardò, tenute al versamento della “colletta”, il tributo ordinario e straordinario, reale o personale, o imposta fondiaria, e a prestare l’atto di obbedienza all’abate di Nardò nel giorno dell’Assunta il 15 di agosto di ogni anno.
Questo tipo di dipendenza dall’abbazia urbana ne colloca, orientativamente, l’origine in epoca successiva alla Riforma Cluniacense, secolo XI, perché ne riflette il modello di stampo feudale.
L’abbazia di Santo Stefano di Curano doveva sorgere pochi km a Ovest dell’abitato di Nardò, dove i toponimi Corano e Santo Stefano sono ancora presenti. La più antica menzione dell’abbazia si trova in un elenco relativo al pagamento delle decime per il 1373, nel quale Santo Stefano è qualificato come appartenente all’Ordinis S. Basilii.
Del 1385 è una lettera di Clemente VII mediante la quale si dava mandato al vescovo di Lecce, Nicola, di conferire in commenda per anni sei il monastero, vacante per la morte dell’abate Leone Paiano, a Matteo di Stefano, sacrista di Santa Maria in Nerito, riconfermato nel 1402. La nostra abbazia compare inoltre, all’interno della documentazione pervenuta e nota, nei Registri delle collette del secolo XIV, in un atto testamentario del 15 febbraio del 1428, nella Visita Pastorale fatta da monsignor Gabriele Setario nel 1501, dove veniva registrato che “anno quolibet alla Matre ecclesia de Neritono, in festo sancte Marie Assumptionis dare de cera libra una et prestare hobedientiam episcopo Neritonensi qui habet jus presentandi et eligendi ipsum abbatem et collactio spectat ad ipsum dominum episcopum”.
Dopo questa ultima data si perdono le tracce dell’abbazia che sembra essere svanita nel nulla ed ancor oggi non si conosce la sua esatta ubicazione.